In Italia le imprese sfruttano poco l’intelligenza artificiale

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Stando ai risultati emersi dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Artificiale Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, le imprese italiane non credono abbastanza nello sviluppo di soluzioni basate sull’impiego dell’intelligenza artificiale.

Questa tecnologia, che studia la progettazione di sistemi hardware e software dotati di capacità previsionali e comportamentali tipiche degli essere umani, è sfruttata all’estero in modo massivo.

Basti pensare al proliferare dei chatbot, programmi software in grado di sostituire un essere umano nelle conversazioni con altri esseri umani oppure a implementazioni come quella che Google ha effettuato, ad esempio per prevedere i ritardi dei voli aerei.

Il ricorso alla AI richiede tempo e investimenti

Purtroppo il ricorso alla AI, acronimo per Artificial Intelligence, richiede molta perseveranza, investimenti sostenuti sia in termini di denaro che di impegno e tempistiche piuttosto lunghe che però vengono ampiamente ripagate da prestazioni e un know-how inavvicinabili.

In Italia, probabilmente per la complessità intrinseca e la sensibilità tecnologica richiesta, le soluzioni basate sulla AI sono poco investigate: il 56% delle aziende campionate dalla ricerca ha avviato progetti e una soluzione su quattro riguarda i programmi chatbot usati per offrire servizi veloci.

La maggior parte dei progetti di intelligenza artificiale in Italia si concentra nei settori delle banche, finanza e assicurazioni (17%), automotive (17%), energia (13%), logistica (10%) e telco (10%).

Nel mondo invece su 469 casi globali di utilizzo di intelligenza artificiale, solo il 38% delle iniziative di AI individuate è a regime mentre il 21%, è in corso di implementazione con una concentrazione su ambiti come l’Intelligent Data Processing (35%) e i Virtual Assistant o Chatbot (25%).

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